I Fall in love with Boston

Questa East Coast mi lascia a tratti estasiata, a tratti delusa.

New York dall’alto non mi ha dato le stesse emozioni di Los Angeles, ma credo sia anche un po’ colpa del mio timpano, che ha pensato bene di farmi impazzire per mezz’ora durante l’atterraggio.

Da New York a Boston, passando per Newport, è un susseguirsi di ponti giganti, coste infinite e alberi dai colori mozzafiato.

Boston. Boston è Boston. Non me l’aspettavo così. Così bella, pulita, luminosa, uno skyline perfetto, ordinato, parchi, bimbi, aria, mare. A Boston ci sono tutti gli ingredienti perfetti per una città a misura d’uomo.

Maine. Il Maine è il luogo perfetto in cui vivere. Vorrei tornare lì adesso, in questo momento.

In questo momento invece siamo a Toronto, dopo essere scappati da Montreal, un groviglio di auto e persone che urlano e suonano il clacson e ti fanno girare la testa. Due parole su Montreal: Mai Più.


Siamo così

Dolcemente complicate.. Vabbè, è che la foto rimanda un po’ a questa canzone (o a quello spot) e io non riesco più a dormire che tra un’oretta ci alziamo e andiamo verso Linate. Destinazione: le nostre meritatissime ferie.
Tra 24 ore sarò nella Grande Mela, anzi, starò tentando di uscire dalla Grande Mela perché il nostro viaggio prevede diversi stop lungo la East Coast per poi addentrarci nel Maine e raggiungere il Canada.
Ho tre macchine fotografiche, ma avrò la costanza di cambiare macchina, filtri alla Lomo e guardare l’America attraverso una lente piuttosto che con i miei occhi?
Non lo so, vedremo. Quello che so è che, as usual, la mia valigia è piena, a discapito di tutte le buone intenzioni pre-partenza.
Buon viaggio a chi parte, un bacio a chi resta 🙂


Federica

Federica sorride sempre. No, non ride, sorride. È diverso.
Federica ha quel sorriso perfetto, bianco, contagioso, solare. Federica mette allegria.

Io me lo ricordo il primo reply che mi ha fatto su twitter, qualche anno fa. Mi ricordo che stavo twittando con @pizzulata e lei ha messo lì una risposta, e io ero seduta nel mio vecchio ufficio e mi ricordo che ho pensato “E questa chi è?”. Poi ho fatto un giro sul suo blog. Blog di viaggi low-cost. Figo.

Poi abbiamo iniziato a twittare, poi ogni tanto ci siamo sentite su skype, poi una volta abbiamo buttato lì un amo del tipo “senti ma, c’è la GGD a Milano, partecipiamo?”.
Ma si dai.
Quando sono salita sul treno ho tirato dritta, mica l’ho riconosciuta io Federica. Forse perché non sorrideva.
Fede, non t’ho riconosciuta perché non sorridevi. T’ho riconosciuta dopo quando mi sei venuta a pescare in fondo al treno. Col tuo sorriso.
Poi con Federica ci siamo viste e sentite altre volte, e alle volte la Fede (che tutti chiamano Chicca, e io mi ostino a chiamarla Fede) non sorride, insomma, ha i suoi bei casini anche lei. Solo che poi scrolla le spalle, butta lì un mah o un bah e poi sorride. Basta che le resti la musica, o il blog, o i viaggi. Mal che vada anche la birra.
Gli indirizzi tradizionali no, che con quelli va un po’ in casino.

Ah Fede, auguri! Intanto ti regalo un post.

In via del tutto eccezionale, la foto è stata gentilmente (e ignaramente) donata dalla Fede stessa.


New York, New York

Finalmente abbiamo prenotato le ferie anche noi. Dopo l’anno scorso non siamo riusciti a resistere al richiamo degli Stati Uniti, e partiamo, questa volta in direzione East Coast.

Come a prevederlo, per il mio compleanno ho ricevuto la LonelyPlanet di New York, e infatti questa sarà la nostra prima tappa. O forse l’ultima. Siamo ancora estremamente indecisi sul giro da fare, tra Niagara Falls e Chicago. Io avevo anche ipotizzato di prendere un volo interno e girare la Napa Valley alla scoperta di nuovi vini.

Al momento però, senza considerare l’idea voli interni, questo è il giro che ho ipotizzato, a cui dovrò tassativamente aggiungere le cascate. Per questo credo rivaluterò l’idea voli interni.


Visualizza East Coast Ottobre 2010 in una mappa di dimensioni maggiori


In apnea

In apnea. Ora sul tram per andare in stazione, stanotte sui libri per preparare un esame che fino a ieri credevo di non dare, nei giorni scorsi per diversi motivi, più o meno importanti, più o meno condivisibili, sempre e comunque dovuti alla mia fantastica attitudine a complicarmi la vita. È un anno che mi complico la vita, è un anno che mi diverto così, quindi andiamo avanti. Sempre con sta valigia. Intanto cerco di non farmi scoppiare il cuore dopo tutta la caffeina assunta stanotte.


Tu di cosa hai bisogno?


Io di freddo.
Di neve.
Di calze pesanti e il doppio paio di calze dentro gli stivali quando esci la sera che c’è la neve.
Di neve (si ancora).
Di freddo, del respiro che diventa vapore mentre parli.
Di quella sensazione meravigliosa della lana. Della mia sciarpa finita, da arrotolare intorno al collo fin sopra le orecchie.
Si, vorrei risentire la lana che sentivo quella sera a Moena. Il vino che ti scaldava prima di ributtarti fuori, al freddo pungente che per me è assolutamente, semplicemente, inebriante.
Fortuna non ne chiedo. Faccio da me, dai.


Tesoro, sono a casa

Sul treno un’altra volta.
Due treni alla settimana, giusto per rinnegare quello che ho sempre detto: “piuttosto che prendere il treno vado in macchina, ovunque”.
No, a Milano no.

A Milano puoi andare in macchina, ma quel viaggio da sola sembra interminabile, lunghi e tristissimo. Ogni chilometro che percorri, è un chilometro in più lontano dagli affetti.

Poi arrivi a Lodi. Inizi a respirare profumo di città. Profumo di libertà.

Libertà di orari, che i negozi sono aperti fino alle 9 di sera.
Libertà di fare tardi, fuori e dentro l’ufficio.
Libertà di metterti quella fascia un po’ particolare in testa, che finalmente non sei una stravagante ma sei una normale.
Libertà di perderti e girare, che tanto ti perdi di sicuro.
Libertà di scelta.
Cosa vuoi fare stasera? C’è quel concerto carino, oppure facciamo un aperitivo lungo, oppure facciamo un giro in bici sui navigli, oppure in Duomo, tanto poi tiriamo fino al Castello, oppure andiamo a vedere un film, oppure andiamo a mangiare sushi, oppure basta. Che di cose da fare ce ne sono sempre mille ma le ore sono sempre 24, è inutile girarci intorno.

E allora si, ogni tanto accusi il colpo della lontananza, dei vecchi ritmi e delle vecchie abitudini. Però, ecco, ogni tanto, mica sempre. Che qui il tempo per deprimersi è poco e bisogna decidere cosa fare stasera. No, stasera no, stasera si torna ai vecchi ritmi della montagna, che nel weekend fanno sempre bene.

Ciao Milano, ci rivediamo a inizio settimana.


Costruirsi

Ho iniziato a lavorare a una sciarpa, così, perché mi andava. “Perché non troverò mai nei negozi questo verdone meraviglioso”, “perché posso farla lunga quanto mi pare”, “perché mi costa sicuramente meno che comprarla”.

Perché in questo primo inverno fuori casa, voglio qualcosa che sia mio. Che mi tenga al caldo e al riparo nei momenti freddi. Che ripari non solo il mio collo o la mia gola.

Ci sto mettendo dentro tutto l’amore che posso. Tutto l’amore per lui, per la mia famiglia, per i miei due splendidi angeli, che mi ricaricano la pila in un unico pomeriggio passato a mangiarmi le guance.

Per le amiche, quelle vere che ho scoperto di avere, per quelle che non hai mai voluto conoscere e che invece sono entrate nella mia vita come un uragano. Quelle che sembrano fatte apposta per restarti accanto, sempre.

Sto costruendo. Sto costruendo la mia vita. Perché mi sono svegliata di colpo e ho capito che stavo assistendo allo scorrere delle mie giornate, dei miei mesi. Ed ero solo una spettatrice. Una spettatrice con un posto fisso, tranquillo, sicuro. Lo chiamano indeterminato, ma se lavori in azienda è spesso molto di più. E’ una catena che ti lega, una gabbia d’oro la chiamavamo, consapevoli di esserci dentro.

Ora ho un affitto da pagare, la spesa da fare, e i conti a fine mese da far quadrare. Un contratto a progetto. Una nuova città. Un’università da affrontare, che non è mai tardi per iniziare nuove avventure.

Ma sono io che scelgo dove andare, cosa fare, come fare. E per questo ogni mattina, per me, è l’inizio di una nuova splendida giornata.

Ah, e ho una sciarpa da finire.


New beginnings

C’è da quando mi sono trasferita a Milano è tutto nuovo. Novità direte voi.

Ma gli impulsi, la voglia di fare, i buoni propositi e le scoperte sono sempre dietro l’angolo, e ogni giorno è una conquista. Anzi, ogni giorno è un sorriso. L’ottimismo che ho scoperto di possedere da quando ho iniziato questa nuova avventura è spropositato. Perché c’è sempre qualcosa per cui sorridere.

Made my day è il modo per ricordarmelo ogni giorno.


Adrenalina

Io non leggo spesso gli oroscopi ma mi piace l’idea che ci sia un “qualcosa” di indefinibile che ci caratterizza, come può essere un segno zodiacale, un pianeta, molto più spesso un’esperienza o le persone che fanno parte della tua vita e fanno in modo, involontariamente, che tu sia ciò che sei.

All’inizio dell’anno mia mamma è corsa in camera mia con una rivista dicendomi “Frenci, guarda!! Il tuo 2010 sarà fantastico, lo dice l’oroscopo“. In sostanza pare che Giove sarà al mio fianco per tutto l’anno, e questo, dicono, è un gran colpo di culo.

Questa ultime due settimane sono state adrenaliche, frenetiche ma non ho mai sentito così tanta energia scorrermi nelle vene: l’Amica, quella dell’adolescenza, delle prime sigarette e dei primi cabò, dei primi amori, dei diari segreti da tenere una settimana a testa, si sposa, e tra una tigella e l’altra, così, dal nulla, mi chiede di farle da testimone. L’emozione di quel momento mi bagna gli occhi e mi fa saltare il cuore nel petto, mi tira i nervi e mi fa deglutire. Sento un’irrefrenabile voglia di saltare, di abbracciarla e stritolarla, e di saltare. E riesco solo a pensare “grande.”

Il primo esame, ieri, che ammetto di aver preso un po’ sottogamba, ma che ho passato. L’adrenalina prima di entrare, il sedermi in aula per prima e scegliere, per la prima volta, il primo posto davanti alla cattedra, un’esperienza nuova, volti nuovi, un professore simpatico, che attendeva la fine dell’ora di esame giocando col suo iPhone.

La giornata di giovedì, da infarto. Ho passato l’intera giornata a sentirmi il cuore scoppiare da quanto andava forte, ma non volevo si fermasse, continuavo a ripetermi “ancora, di più, forza, ce la fai, aumenta il ritmo”. L’ansia dell’esame che si avvicinava, il fatto di non averlo detto quasi a nessuno, aver tenuto tutta l’ansia per me mi ha caricato come una molla.
Sento una tale carica di vita, di forza, di energia e di adrenalina che.. non so, non mi sono mai sentita così. Eppure, sto vivendo delle situazioni davvero ambigue, per le quali una volta mi sarei disperata, avrei pianto e mi sarei affranta. Invece no, le affronto col sorriso, prendo tutta l’energia delle situazioni positive e negative e cerco di farla confluire nelle vene. E’ questa la sensazione.

Non so se è merito di Giove, se è merito delle persone che mi circondano o delle situazioni in cui mi butto a capofitto. So solo che mi sento come se avessi pigiato sull’acceleratore, senza pericolo, e mi stia godendo questo magnifico giro. E per il momento non scendo.